#8 Te la ricordi poi ch'era sparita E che la gente e che la polizia S'era creduta ch'era annata via
Ciao, questa è Prove Tecniche di Trasmissione e questo numero è un po' così, de core.
Sono in ritardo, il mio mese di gennaio è stata un'attesa continua e sto lavorando sulla mia pazienza (ma anche sulla pazienza altrui, dato che se le cose mi frenano, vado più lenta anche io e la mia vita diventa Ponte Casilino alle sei di pomeriggio. Se non sai di cosa sto parlando sei una persona molto fortunata). Comunque io avevo pensato a un tema, a un libro e a un podcast per questo numero di gennaio. Poi è successo che i miei piani sono andati a farsi benedire e sto ricostruendo la scaletta di questa newsletter a posteriori.
(c’è sempre bisogno di essere riportat* sulla via maestra e ha me, questo mese, ha aiutato questa foto. Ogni persona dovrebbe avere uno Stanley che gli si piazza dietro la schiena per farlo scrivere)
Avevo detto, nel primo numero, che non avrei barato, per mancanza di tempo e che non avrei parlato dei libri letti con Strategie Prenestine. Ho un po' di pudore a parlarne troppo: perché la magia degli incontri la capisci solo se la vivi e poi anche perché è una parte importante della mia vita ma prende pure un bello spazio, fisico e mentale. E ha i suoi spazi social, comunica in modo autonomo, non è (solo) la voce di Carola. Però a Gennaio è successo che abbiamo letto un libro. Un libro che pensavo fosse diverso e invece ha dribblato tutte le certezze che avevo su come raccontare una storia del genere.
Il libro di Gennaio: l'ultima estate di Liliana di Cristina Rivera Garza- Sur Editore
Questo libro mi ha fatto fare i conti con la me attivista. Sono femminista da sempre, credo che la mia prima presa di coscienza a riguardo sia arrivata intorno ai 14 anni. Negli anni novanta essere femministe era complicato: la seconda ondata era lì, ma non era la mia storia. I problemi che vivevo erano diversi e trovare qualcuno con cui confrontarsi era difficile. Ho continuato a fare tre passi avanti e cinque indietro fino a che non sono diventata abbastanza adulta da riuscire a essere sicura delle mie convinzioni. E a quel punto ho trovato la mia gente. Ma prima, nel periodo gioco dell'oca, ho sopportato molto, risposto poco e pensato troppo alle mie reazioni di fronte a quello che la vita mi proponeva, tutte quelle esperienze, che vanno dal sessismo benevolo al mansplanning, che sono come l'antipasto misto di certi ristoranti. Tu non lo chiedi ma loro te lo portano e ci rimangono anche un po' male se tu dici che non ti va e che magari, per questa volta, passi. Ho fatto parte di un movimento. Nel 2017 abbiamo provato a contarci e a parlare di molestie. Ci è esploso in mano il Mee Too con tutto quello che ha significato. Di quel periodo, oltre a una serie di rapporti personali belli e profondi e qualche momento di lessico familiare che viene fuori spesso a sproposito, mi è rimasto un dolore sordo a una spalla. Quando aumenta la tensione inizia a farmi male la spalla sinistra e non smette mai. Ho passato tutto il tempo che ho avuto il libro per le mani il libro di Cristina Rivera Garza con la spalla sinistra in fiamme. La storia che viene raccontata è banale e esemplare allo stesso tempo: una ragazza di venti anni ammazzata dal suo ragazzo. Una vita raccontata a posteriori da una molteplicità di voci, le altre persone che le orbitavano intorno nell’ultimo periodo della sua vita. E una considerazione, banale e non esplicitata mai: quanto spreco. Liliana Rivera Garza poteva diventare una grande architetta o non laurearsi mai, poteva fare 50 figlio o non farne nessuno, amare uomini, donne o chissà, ma non lo sapremo mai perché è morta a venti anni. E sopravvivere e convivere con un dolore così grosso è complicato, difficile e soprattutto non se ne esce mai. Cristina Rivera Garda ha dato la voce, con la sua scrittura limpida, a questo guazzabuglio di emozioni, riuscendo a non farsi prendere dalla retorica e neanche dall’odio cieco. Ha anche il pregio di essere bellissimo (e tradotto stupendamente da Giulia Zavagna), per cui leggetelo, regalatelo, parlatene.
(l’assistente felino è vivo e lotta insieme a noi)
Il Podcast di gennaio: Figlie di Sara Poma
Anche il Podcast è un ricaccione: Sara Poma ho iniziato a segurila ai tempi del lockdown, quando con Carla ha salvato la mia salute mentale. Questa storia qui l’ho ascoltata in questa mia torrida estate fiorentina ed è rimasta a decantare fino a oggi. E’ un viaggio che parte da Milano e arriva in Argentina fatto da Sara insieme a Sofia, sulle tracce della madre di quest’ultima, una dei 30.000 desaparecidos del regime di Videla. I punti in comune tra le due storie sono diversi: il ritorno in un luogo dopo tanto tempo, la difficoltà a gestire una perdita dolorosa, le modalità di sopravvivenza. Ma la cosa che mi ha fatto molta impressione è che sia Liliana che Silvia (la madre di Sofia) erano entrambe architette. L’architettura come ponte tra diverse discipline, come realizzazione pratica di soluzione dei problemi e scelta femminile e in qualche modo femminista in paesi profondamente machisti.
Lo ascoltate su Spotify.
Bene, anche per questo mese abbiamo finito (no, col cazzo, al solito deve uscire Spalmare per Fermare il declino e un numero del Giro di Peppe su Anita Garibaldi che sta in bozza da Novembre, ma facciamo finta di niente che altrimenti mi impanico). Buon Festival di Sanremo e ci leggiamo più avanti.
Io ho ascoltato Figlie questa estate, poco dopo essere stata in Argentina tre mesi con il compagno Levi. Ho pianto TANTISSIMO.
Hai ascoltato il podcast Prima? Credo sia sempre suo.
Carla lo devo ancora sentire, continuo a dimenticarmi ma rimedierò presto!
Il libro l'avevo prenotato in biblioteca ma non è arrivato in tempo prima che partissi... Lo recupero quando torno.
Bella questa puntata 💙