#15 Do you relize that happiness makes you cry?
Questo numero di PTT è mistificatore, dato che leggerete la seconda uscita di My favorite things, il format di interviste di questa newsletter.
Ciao tu, come stai?
Più passa il tempo e più sono convinta che la vita ci regala dei superpoteri inutili. Qualcuno è in grado di far passare l'autobus appena si accende una sigaretta o di aprire lo yogurt e avere la carta stagnola completamente pulita. Per un sacco di anni uno dei miei super poteri inutili era essere invitata a tutti i matrimoni che si organizzavano nella mia cerchia di conoscenze. Dai 18 ai 35 anni l'arrivo della primavera era annunciata da una raffica di partecipazioni che affollavano la mia cassetta postale e che mi tenevano impegnata in quasi tutti i fine settimana tra aprile e settembre, tanto che ancora oggi mi viene chiesto "ma non è che dei andare a un matrimonio?" quando propongo alle persone testimoni di questo periodo di vederci di sabato a Luglio.
Dopo i 35 il numero delle partecipazioni è drasticamente calato. Però, forse per la disabitudine o forse perché più passa il tempo più sono rimasti solo i Mostri Grossi, gli irriducibili al vincolo che quando decidono di sposarsi provocano scosse telluriche nel mio fragile mondo emotivo, mi sono trasformata io: dall'amica cecchino che alla cerimonia che rimette a a posto gli strascichi e distribuisce agli ospiti bouttonière, riso e cartine per arrivare dove si tiene la festa, alla sensibile signorina di mezza età che piange come una fontana e che alla fine della cerimonia ha il trucco calato come Robert Smith dopo tre ore di concerto.
Quando Roberta mi ha annunciato il suo matrimonio, tramite messaggio vocale su Telegram in una fredda mattina d'inverno, l'allert Mostro Grosso è scattato subito. Il primo pensiero che la mia mente ha formulato mentre lei parlava è stato "oddio, mi devo procurare un mascara waterproof sennò divento un panda nel giro di cinque minuti" (spoiler, il mascara era normale e io ho iniziato a piangere quando ho sentito la voce di Federico iniziare a formulare le promesse, cioè a minuto quattro dall’inizio della cerimonia). È stato un Matrimonio Mostro Grosso Condiviso dato che per buona parte della giornata ho abbracciato gente con cui continuavamo a ripeterci quanto eravamo felici di stare lì, aggiungendo sempre davvero. E ha avuto una conclusione perfetta col Dj set di Fabio De Luca.
Partecipare a molti matrimoni mi ha fatto capire che ogni coppia ha le sue fissazioni: possono essere i cocktail serviti per l’aperitivo, se sono appassionati di mixology, la cucina, se sono dei foodies, il tema se la sposa è alla mercè della wedding planner. Io sapevo che con Federico e Roberta lo spazio per la musica sarebbe stato importante (appena più di quello della grafica dell'evento e dei Culurgiones con cui abbiamo fatto merenda), ma non mi aspettavo la partecipazione entusiasta di quasi tutti gli astanti fino alla fine. Spesso il dj set di questo genere di eventi è una roba completamente decontestualizzata rispetto ai gusti musicali dei convenuti, un riempitivo che ci deve stare perché a una festa bisogna ballare. Il risultato però è quasi sempre fatto di piste mezze vuote e playlist banalotte. Invece quella sera ho visto la stessa gente con cui avevo condiviso lo stupore di essere così contenta di partecipare a un matrimonio per tutto il pomeriggio, contenta anche di dimenare il sedere per continuare a festeggiare quei due lì che avevano deciso di sposarsi.
Fabio De Luca e la sua ultima fatica letteraria hanno tenuto a battesimo questa newsletter. Mentre stava andando via ho approfittato per chiedergli se gli andava di sottoporsi all'esperimento incominciato qui sopra ad agosto, cioè di raccontarsi attraverso cinque oggetti. Lo sventurato ha risposto di sì. Ecco a voi la seconda puntata di
My favourite things: Fabio De Luca
Uno spremiagrumi
Questo spremiagrumi è uno dei pochi oggetti dentro casa di cui sono certo che preceda la mia nascita. È l’unico spremiagrumi con cui ho mai avuto a che fare, il che probabilmente la dice lunga sul mio rapporto con gli oggetti (“Finché funziona, noncambiarlo!”). È lo spremiagrumi su cui da bimbo ho fondato l’idea platonica di “spremiagrumi”, quello che anni dopo mi ha fatto guardare con disinteresse e commiserazione al ragno alieno disegnato da Philippe Starck, quello che mi ha seguito in tre città e quattro case diverse. La geometria delle fessure sulla parte di plastica bianca è un capolavoro di design, e averci avuto a che fare quasi ogni mattina per tutto il corso della mia vita l’ha reso un pendant perfetto con quella canzone di una band scozzese – che non a caso si chiamava Orange Juice, cioè succo d’arancia – e che diceva “...rip it up and start again”.
Una foto di Douglas Coupland
La foto è strappata da una copia della rivista inglese The Faceche risale ai tempi in cui “Generazione X” era appena uscito, quindi attorno al 1992. Douglas Coupland allora aveva 31 anni (ne dimostrava pure di meno), e a me era già abbastanza chiaro che sarebbe stato lui la mia personale fata madrina. Nell’autunno del 2007, trovandomi a Toronto per lavoro, ho preso un aereo e sono andato tre giorni e mezzo a Vancouver solo per vedere i luoghi in cui è cresciuto e di cui parlava nei suoi libri. Quando ho provato a intrufolarmi in quello che dalle mie ricerche doveva essere il suo liceo – in mezzo a una foresta di pini arroccata su una montagna poco fuori città – sono stato portato nell’ufficio della vicepreside. Per convincerla che non ero un malintenzionato le ho detto di googlarmi. Una scena molto couplandiana, in effetti.
Un modellino di taxi newyorkese
Il mio amico Matte fa l’avvocato a New York, tipo quelli della serie tv “Suits”. Quando ci siamo conosciuti lui già faceva l’avvocato a New York e io stavo a Milano, per cui la nostra è stata una bizzarra amicizia transoceanica, cementata dalla comune passione per gli LCD Soundsystem e il loro frontman James Murphy (che, abitando Matte a Manhattan, aveva più occasioni di me di stalkerare, con puntuali resoconti che ovviamente mi facevano schiattare d’invidia). Il modellino nella foto è il segnaposto del matrimonio di Matte e Catherine, e ogni volta che lo vedo – oltre a ricordarmi di loro – mi rammenta che la mia idea-di-New-York-prima-che-andassi-a-New-York-per- la-prima-volta arrivava da una vecchia bellissima canzone di un tizio inglese di nome Joe Jackson che parlava di “yellow taxis”. E per me, anche dopo esserci andato mille volte, quella è rimasta New York.
Un 45 giri
Vivendo in una casa composta per il 60% da dischi (album, cd, 45 giri, cassette...), non potevo evitare di tirarne fuori almeno uno. Uno a caso. L’unico 45 giri “pop” di un gigante della fusion, Pat Metheny, che nella colonna sonora di un dimenticato film con Sean Penn del 1985 invitava a cantare David Bowie dimostrando una volta di più la tesi che David Bowie trasforma in “suo” qualsiasi pezzo in cui apre bocca. Non ho mai incontrato David Bowie, ma una volta ho brevemente chiacchierato con Pat Metheny. Mi ha detto che fino al giorno prima di registrare il pezzo non aveva quasi idea di chi fosse Bowie, questo perché quelli del jazz spesso vivono in un mondo tutto loro. Ma dopo averlo conosciuto, ha capito perché tutti quanti gli dicevano: “Oddio, stai per lavorare con David Bowie!”.
Un pezzetto di tappezzeria
Questo pezzetto di muro sta dentro una trattoria nel centro storico di Genova – una trattoria di cui non svelerò nome e indirizzo perché sarebbe pubblicità, però una piccola pubblicità la faccio lo stesso, e cioè vi dico che da quasi un anno e mezzo ogni mese preparo per i clienti della trattoria una piccola compilation “da portarsi via”. Tipo “doggy bag”, però musicale. Ci sono dentro cose vecchie e nuovissime, spaziando tra i generi, le ispirazioni e le epoche. È vero che ormai di musica “curata” in giro ce n’è talmente tanta che ci sarebbe più bisogno di una playlist di silenzi, ma se volete curiosare le trovate tutte qui
Hai notato che il titolo di questa newsletter è un verso di una canzone? Quella scelta per questo numero si chiama Do You Realize?! e Spotify ci tiene a ricordarmi, in ogni suo wrap di dicembre, che è il brano che ascolto di più ogni anno, almeno dal 2016. Amo molto i Flaming Lips e esattamente come un dj set di Fabio De Luca, consiglio a tutti voi di andarli a vedere in concerto, se dovessero capitare dalle vostre parti. Qui trovate l’imperdibile playlist di questa pubblicazione
Grazie per aver letto fino a qui. Ci risentiamo presto
Chi sono? Carola, nata a Roma nell'ultimo fine settimana degli anni '70. Mi piacciono le storie, quelle che leggo e quelle che ascolto. Prove Tecniche di Trasmissione esce una volta al mese e ci troverai un libro, un podcast e un po' di fatti miei. La lana nell’ombelico altrui non è sempre interessante, io spero di esserlo almeno un pochetto. E siccome sono anche abbastanza dissociata, ci sono gli spin off: Spalmare per Fermare il declino, che tratta di robe femminili tipo moda e pitturini, My favorite things, che è un numero monografico in cui gli autori si raccontano e Giro de Peppe, perché nella mia vita vorrei mappare tutti i monumenti di Garibaldi d'Italia. Mi trovi pure su Instagram e Threads, dove trovate le imperdibili foto dei miei gatti e delle scritte che trovo sui muri
Cosa posso fare per te? Ti posso aiutare a fare shopping. Se per te andare in giro per negozi è un incubo, se il tuo corpo è cambiato o è cambiato il tuo lavoro e vuoi ripensare il modo che hai di vestirti comprami, io sono in vendita (vabbè, in affitto). Posso anche aiutarti a rimettere a posto il tuo armadio, a capire cosa fa ancora al caso tuo e cosa è il momento di lasciar andare. Regalami alla tua amica che non conosce la sua misura di reggiseno, a tua suocera che deve venire al tuo matrimonio e temi che si potrebbe vestire anche lei di bianco, a tua sorella che ha appena avuto un bambino. Da parte mia ti assicuro che non cercherò di trasformarti, che ti ascolterò e che sarò la commessa onesta che probabilmente nella tua vita non hai mai incontrato. Poi, sono più simpatica di Carla Gozzi e sicuramente ho più argomenti di conversazione. Se stai a Roma è più semplice, ma se sei in qualche altra città ci organizziamo e arrivo.
Cosa puoi fare per me? A parte leggermi, condividermi e commentarmi, mi puoi offrire un caffè macchiato su Ko-Fi (la newsletter sarà sempre gratuita, ma sono molto contenta se si riesce a sostenersi da sola). Se lavori in una casa editrice e pensi di avere un libro che dovrei leggere parliamone senza problemi. Se passi di fronte a una statua o a una targa di Garibaldi, se ci riesci, fai una foto e mandamela.
La citazione di "Do You Realize?" e "Generazione X" mi hanno steso! 🙏
è tutto giustissimo, dallo spremiagrumi alla passione per il Gelataio Murphy.